E’ stata pubblicata la Nature Restoration Law, ossia il regolamento pensato per ripristinare gli ecosistemi degradati, contribuire a raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare.
Il 29 luglio 2024 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea la Nature Restoration Law, il regolamento pensato per ripristinare gli ecosistemi degradati in tutti gli Stati membri, contribuire a raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di clima e biodiversità e migliorare la sicurezza alimentare.
Questa normativa mira a mettere in atto misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050, stabilendo obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati, da quelli terrestri a quelli marini, d’acqua dolce e urbani.
Di particolare interesse per il settore sono le norme contenute nell’art. 8 in base alle quali i Paesi dell’Unione Europea dovranno assicurarsi che al 31 dicembre 2030 non vi sia una diminuzione della superficie complessiva nazionale di spazi verdi e copertura arborea negli ecosistemi urbani – ossia città, piccole città e sobborghi – rispetto al 2024, fatta eccezione per le aree urbane dove la percentuale di spazi verdi supera il 45% e la copertura arborea il 10%. Dal 1° gennaio 2031, i Paesi dovranno garantire una tendenza all’aumento la superficie complessiva degli spazi verdi urbani, anche integrandoli negli edifici e nelle infrastrutture, e questa crescita sarà misurata ogni sei anni.
Tra le misure da adottare al fine di conservare, ripristinare e ampliare gli spazi verdi, il testo considera inoltre l’integrazione delle infrastrutture verdi e delle soluzioni basate sulla natura, come tetti e muri verdi, nella progettazione degli edifici.
Rispetto alla proposta della Commissione del luglio 2022, il testo è diventato in generale più favorevole alle imprese, dopo aver superato un iter legislativo travagliato sia al Parlamento europeo che in Consiglio UE. La versione finale tiene conto degli aspetti socio-economici: “Gli Stati membri dovrebbero considerare gli impatti socioeconomici prevedibili e i benefici stimati dell’attuazione delle misure di ripristino” (considerando 65) nonché “In fase di preparazione dei piani nazionali di ripristino gli Stati membri possono tenere conto della diversità delle situazioni in regioni diverse connesse ai requisiti sociali, economici e culturali, alle caratteristiche regionali e locali e alla densità della popolazione” (art. 14, comma 16, lett. c).
Quanto all’art. 8, il testo in origine era differente e molto più restrittivo dell’attuale in quanto prevedeva specifiche percentuali di incremento degli spazi verdi urbani (3% al 2040 e 5% al 2050). L’Ance è intervenuta nel corso dell’iter approvativo con diverse azioni a livello sia europeo (tramite la FIEC), sia nazionale (presso il Ministero dell’ambiente) per chiedere la soppressione della norma o una sua riconsiderazione in senso meno prescrittivo, come effettivamente avvenuto.
Il Regolamento, quindi, è focalizzato sul verde e sulle funzioni che alberi, arbusti, boscaglie svolgono in favore della collettività e ciò sembra confermato dall’art. 13 che, per conseguire gli obiettivi e ottemperare agli obblighi anche dell’art. 8, chiede agli Stati membri di impegnarsi nel contribuire a piantare almeno 3 miliardi di nuovi alberi entro il 2030 nel territorio dell’UE.
La previsione per cui gli Stati membri devono assicurare che entro il 31 dicembre 2030 non via una diminuzione della attuale quota di spazi verdi urbano sembrerebbe quindi comportare la necessità che non venga perso l’attuale livello di vegetazione/alberatura e pertanto che, in caso di perdita di vegetazione, venga garantito altrettanto verde urbano. I comuni dovranno attenzionare il tema e garantire la più ottimale manutenzione e cura degli alberi, arbusti e aiuole attualmente presenti sul loro territorio, al fine di non far venire meno le importanti funzioni che essi svolgono. Tali aree a verde, poi, dovranno certamente essere oggetto di una particolare attenzione da parte degli enti locali che potranno destinarle ad altri usi o riconvertirle solo garantendo su altre aree la medesima quota di vegetazione eventualmente persa.
Si tratta in sostanza dell’avvio di un percorso finalizzato in un arco temporale ampio a garantire una tendenza all’incremento del verde nelle città, piccole città e sobborghi rispetto alla quota presente nell’anno di entrata in vigore del nuovo regolamento e quindi rispetto al 2024.
Un percorso da inserire in un contesto più ampio, quello della rigenerazione urbana, che può rappresentare lo strumento principale in grado di consentire il raggiungimento di un obiettivo di ampia portata come questo. La rigenerazione urbana, infatti, operando attraverso il riuso di aree già urbanizzate e edifici esistenti, non solo evita ulteriore consumo di suolo ma è in grado anche di migliorare la loro naturalità garantendo una migliore permeabilità del suolo e la piantumazione di nuovo verde.
Un ruolo, quello della rigenerazione urbana, ancora più rilevante nel garantire l’integrazione del verde negli edifici e nelle infrastrutture (ad esempio, attraverso la creazione di tetti o pareti verdi) come previsto dall’art. 8, comma 2, considerati la fattibilità tecnica ed economica connessa la posa di arbusti e piante su lastrici solari e pareti.
L’atto legislativo, che è possibile trovare in allegato, in quanto approvato nella forma di regolamento, non necessita di recepimento ed entrerà in vigore il ventesimo giorno dalla sua pubblicazione, vale a dire il 18 agosto.